Qualche giorno fa ho fatto una passeggiata preziosa tra le strade della mia Catania. Ero arrivata in ufficio prestissimo, come al solito, ma avevo un impegno (del quale presto vi parlerò) in piazza Duomo.
Le alternative di movimento da Corso Italia erano tre, una delle quali impraticabile.
1) Prendere la macchina e sperare in qualche divinità che mi concedesse di non trovare traffico e di che, per la seconda volta, posasse il suo sguardo gentile su di me facendomi trovare posto, per non dimenticarsi della mia esistenza quando avrei dovuto riprendere la macchina e tornare in ufficio e quindi ritrovare posto. Ho quasi subito realizzato che quella divinità non mi avrebbe mai dedicato tutte quelle energie.
2) Prendere la metro proprio sotto l’ufficio e sbarcare (sono le parole giuste) fino al porto, per poi fare l’ultimo tratto di strada a piedi.
3) Andare a piedi.
Quando sono uscita dal portone dell’edificio dove si trova Karma ho cominciato a camminare sicura verso la metropolitana, poi arrivata davanti l’ingresso mi sono bloccata, ho fatto dietrofront e mi sono decisa a fare una passeggiata…e mi sono fatta un gran regalo.
Invece di camminare per le vie più grandi ho cominciato a prendere le viuzze, quelle che se da un lato mi facevano abbreviare il mio percorso dall’altro mi facevano dare uno sguardo a quei posti di Catania che raramente mi soffermo a guardare quando sono in macchina.
Era lunedì mattina e la città si risvegliava dopo il weekend. Dietro le vetrine dei negozi c’era chi puliva, davanti alle vetrine dei negozi i vicini di rivendite si confrontavano su quello che era successo durante il fine settimana, sui marciapiede le signuruzze si incontravano e si raccontavano di quello che avrebbero cucinato e di quello che avrebbero dovuto comprare di fresco al mercato.
E io sorridevo. Sorridevo in primo luogo per il grande regalo che, inconsapevolmente, mi ero fatta e sorridevo per i discorsi che sentivo e ai quali, vi confesso, avrei voluto partecipare.
Sono passata anche dalla Fera ‘O Luni dalla quale non passavo, di giorno, da anni.
Una nota negativa la devo fare però. Camminando camminando ho incrociato moltissimi bambini e mi sono chiesta “perché non sono a scuola?”. Alcuni erano con le loro mamme, ma questo non è servito a trovare una risposta alla mia domanda, anche perché non si trattava di bambini in età d’asilo; molti altri invece erano da soli, a zonzo per la città quando erano da poco passate le nove, orari in cui avrebbero dovuto ritrovarsi sui banchi di scuola. Se hai decisamente meno di sedici anni non è un po’ presto passare un lunedì mattina fuori da una classe?
M