Se vai sul sito di Karma Communication leggi “…di Carla Condorelli Evelina Elisa e Mariangela Di Stefano”.
Faccio una precisazione “sa, sa, prova, prova”: ringrazio sempre mio padre, quel 16 agosto del 1979 quando ha scritto il mio nome su un pezzo di carta dell’anagrafe, per avere usato la virgola dopo avere pensato che a Mariangela e Di Stefano, voleva aggiungere Giovanna e Stefania, che se no avremmo avuto “…di Carla Condorelli Evelina Elisa e Mariangela Di Stefano Giovanna Stefania”, tipo sei socie va.
Scusate, ma la digressione era doverosa. Ora mi sento molto meglio.
Comunque Carla e Mariangela, che su come si fa una società e come si fa ad essere ancora insieme dopo cinque anni potrebbero raccontarvene un bel po’, questa cosa che si chiama Karma l’hanno sempre considerata come una cosa loro e di tutti quelli che ci sono stati per una settimana, per un mese, uno o due anni, quelli che ci hanno solo strizzato un occhio e quelli che sono con noi da quasi quando abbiamo cominciato a lavorare, quelli che hanno avuto, hanno o avranno un contratto e quelli che hanno collaborato con noi in vario modo. Karma è una squadra. Per questo quando la gente mi dice “brava Mari che hai fatto questa cosa” io con orgoglio dico “questa cosa l’ha fatta Karma”. Perché il lavoro può essere fatto bene solo se c’è condivisione.
Per esempio, io non so disegnare, ma ho delle idee che posso condividere con chi si occupa della grafica e magari quelle idee possono essere utili per fare qualcosa, chi si occupa di social network può accorgersi che c’è qualcosa che non va nel funzionamento di un sito e via dicendo. Se ognuno guarda al suo orticello un’azienda piccola come Karma Communication sarebbe morta e sepolta da tempo. Non è facile, perché a volte si diventa gelosi dei propri campi e soprattutto si diventa gelosi di quello che si crede essere esclusivamente proprio, ma il segreto sta in questo: una piccola azienda, così come una grande del resto, è una squadra e un regista (visto che di pallavolo qualcosa ne sappiamo, possiamo applicare queste metafore anche qui :)) è bravo se fa si che tutto il movimento sia fluido e che lui non appaia come l’obiettivo, ma come il mezzo per mettere insieme tutto e farlo venire fuori al meglio.
Il “noi” è una cosa alla quale abbiamo sempre puntato, per questo mi arrabbio quando sento cose come “io ho fatto”, “io ho creato” e mi arrabbio anche se sono io a dirle.
Mari