Dal giornalismo peschiamo il fuorisacco

Questa agenzia di comunicazione è stata un’opportunità per due giornaliste che, ad un certo punto della loro carriera, hanno dovuto in qualche modo reinventarsi. Io e Carla abbiamo dovuto riscoprire il contesto nel quale muoverci e continuiamo a farlo ancora oggi, mentre assistiamo a licenziamenti di colleghi e a chiusure di redazioni dalle quali siamo passate e con le quali abbiamo condiviso esperienze. Un processo che, allo stato degli atti, sembra inarrestabile e non arginabile e che, sul lungo periodo, creerà anche tutta un’altra serie di problemi, dai quali sicuramente saremo coinvolte direttamente anche noi. Ma non è questa la sede di una disanima sullo stato del giornalismo catanese.

Io volevo fare la giornalista. Succedeva 18 anni fa, esattamente mezza vita fa per quanto mi riguarda. E’ stato a 18 anni che ho cominciato a scrivere per il Giornale Di Sicilia. Scrivevo sulla macchina da scrivere che si trovava sul tavolo del soggiorno di casa, poi prendevo il foglio, lo inserivo nel fax e lo mandavo alla redazione. All’inizio, una volta su due, quel foglio arriva in redazione, veniva strappato, seguiva una telefonata che temevo come la peste, in cui mi si elencavano tutte le cose inutili che avevo scritto e tutti gli errori che avevo fatto.

In quegli anni non ho fatto vita di redazione e oggi me ne pento moltissimo. Questo è successo invece anni dopo. E un giorno, un giornalista che oggi avrà almeno 85 anni se non di più (è ancora vivo e io lo ringrazio per avere, anche lui, strappato i miei fogli), se ne uscì con delle parole che io non avevo mai sentito.

Adesso ho pensato questo: io questa professione, anche se oggi non la faccio più nel vero senso della parola, l’ho amata e la amo ancora, se qualcuno mi chiamasse e mi dicesse che c’è un lavoro da giornalista per me io correrei. La guardo con nostalgia e vedo annaspare troppa gente, ma io con questa agenzia oggi ho una possibilità. Così ho pensato che un modo giusto di utilizzare questo blog fosse quello di fare un po’ amarcord sul giornalismo. Non che io lo abbia vissuto nei tempi che furono, stiamo parlando di meno di vent’anni passati a fare questa professione, però qualcosa l’ho incrociata per un motivo o per un altro e questa sarà una sorta di rubrica una volta ogni tanto.

Comincio proprio dal fuorisacco.

Io non avevo idea di che cosa fosse, ma quando mi è stato spiegato, mi è sembrata una delle cose più romantiche che avessi mai sentito nominare, almeno connesse al giornalismo.

Il fuorisacco, altro non era che la corrispondenza che veniva tenuta fuori dal sacco postale, quella dell’ultimo minuto, quella più preziosa, che non poteva andare insieme a tutto il resto. Così era per le notizie dell’ultimora o per quelle più importanti che l’addetto alla corrispondenza avrebbe messo direttamente nelle mani di chi avrebbe ritirato il tutto alla stazione di destinazione.

Questo sistema si utilizzava più di cinquant’anni fa, oggi quell’attesa non esiste più.

Anzi, se qualcuno vi dice di non avere ricevuto una mail vi autorizzo a prenderlo a pernacchie anche da parte mia.

Mari